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Social media e potere 2025: il segreto è sapersi vendere. Presto il nuovo libro di Stefano Bergonzini

Modena- Il successo e il potere sono di chi sa comunicare, piacere, sedurre, talvolta mentire, se necessario tradire, cambiare faccia e vestito ma sempre a tempo con lo spirito dei tempi. Avere fiuto, assecondare domanda popolare, come fa ad esempio Paolo del Debbio, che ho visto lavorare dal vivo qualche giorno fa a Mediaset e dunque saper vendere il proprio prodotto, che in genere consiste in se stessi. E’ la regola. La conoscono Trump, le Kardashian, Giorgia Meloni, Chiara Ferragni, Matteo Renzi ed epigoni minori. Per riuscire serve però un minimo di etica e tanto talento per la comunicazione. Stefano Bergonzini, giornalista professionista e massmediologo, dopo il successo del suo primo libro “Il Galateo Social” (CDM Edizioni), sta scrivendo il suo secondo volume dove si addentra nei meccanismi necessari per conquistare il potere mediatico, che riguarda tutti gli ambiti della vita, non solo il business, per trascorrere una vita ricca e felice.

Stefano Bergonzini, amore è una parola grossa, sui Social ci vanno piano tutti ad usarla, perché?

«Perché i Social media moderni nascono nel 2004 per idea di Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes, suoi compagni ad Harvard. Il primo The Facebook  è un sito di dating e pura evasione. In pratica serve ai maschi, anche ai più timidi e nerd per conoscere e chattare con le ragazze della propria facoltà e alle femmine per pubblicare loro foto intriganti e farsi trovare e corteggiare. Questo meccanismo funziona ancora, ma si è spostato da Facebook, che è il Social dei boomer e da Instagram, dove il sesso è commerciale, a Linkedin. Un posto apparentemente sobrio, ma dove si possono fare conoscenze interessanti e soprattutto di livello socio economico più alto. L’amore però è una cosa proibita, riservata a pochi nel mondo moderno, come scrivo nel libro che sto completando».

Nel suo biglietto da visita si definisce anche massmediologo, come mai?

«Perché è tutta la vita che studio e approfondisco l’uso dei diversi mass media e ne conosco il funzionamento pratico. Ho vissuto gli albori delle televisioni locali, ho fatto politica, sono stato direttore di un circuito televisivo nazionale. Per 21 anni sono stato al seguito del circus delle moto e delle auto da corsa. Ho aperto un mio profilo su MySpace nel 2003 per chattare con la collega Francesca Amendola che me lo aveva suggerito, poi sono arrivati gli altri Social. Adesso sono tornato alla carta stampata, inaugurando una nuova rubrica dal titolo ModenaSorpassa su Il Resto del Carlino, dalle cui colonne mancavo dal 2021. I mass media mi piacciono tutti e so usarli tutti, mi viene facile. In più possiedo una biblioteca sterminata sul settore».

Ogni volta che ci sentiamo mi dice: «sto scrivendo il mio secondo libro». Ha finito?

«Sono a pagina 179, il target è di 220/230 pagine, mi mancano tre interviste potenti ad altrettante personalità che io reputo emblematiche di questi nostri tempi. Spero mi diano udienza in breve».

Cosa la fa ridere?

«Il mio carattere è malinconico ed è difficile farmi ridere. -Stefano, se impari ad avere senso dell’ironia potresti diventare un grande- mi disse un giorno Gianni Prandi. No, il senso dell’ironia non ce l’ho, mi manca proprio. Un tempo le classi subalterne non potevano permettersi un simile lusso e io sono un underdog».

Sente nostalgia delle moto?

«Tantissima, non può capire quanta. Quando preparavo la valigia per andare al mondiale motocross per me era una festa, lo avrei fatto anche gratis. Cosa diversa invece nelle auto dove una giornata in autodromo è pesante. Perché i rapporti personali sono molto rarefatti, credo per via del rumore che domina su tutto e li complica. C’è molta più tensione, la competizione è altissima e non si sdrammatizza mai. Le gare di auto non mi mancano, anche perché la Tv le copre molto bene e Liberty Media le ha rese più spettacolari delle moto, creando dei personaggi come Hamilton, Russell, Lando Norris, Sainz, Verstappen e altri che piacciono molto. Un tempo erano Valentino, Capirex, Max e Cairoli a dominare la scena, ma quell’epoca è finita e io l’ho vissuta tutta».

Non le piacciono gli snob, perché?

«Snob significa -sine nobilitate-, non mi piace chi si prende sul serio solo perché ha i soldi».

Un consiglio a Giorgia Meloni?

«Faccia la pace con Andrea Giambruno che è un bravo giornalista, un bell’uomo e credo abbia giocato una partita pulita con lei. Purtroppo è finito nel tritacarne mediatico, ma ha chiesto scusa».

Il legame con sua moglie avvocato Alessandra, siete sempre insieme.

«Lo so, me lo dicono tutti, quasi a sottolineare -che palle- è che a me lei piace pazzamente dal punto di vista fisico e non sono ancora certo di averla conquistata fino in fondo. Poi lei è una grande, mi è venuta dietro sui media e fa più roba di me».

La sua famiglia le manca.

«Mi manca la nostra casa di Modena, l’infanzia, il fatto che ogni anno le cose andavano meglio e si conquistavano nuovi agi. A me non è successo».

Si è sempre firmato addetto stampa, perché?

«Perché è la mia confort zone, dove nessuno mi può battere, solo i due mostri sacri di questo lavoro Antonio Ghini e Luca dal Monte, che però oggi fanno altro».

E’ sempre perfezionista e ipercritico?

«Sui contenuti che produco e che portano la firma del mio Studio si, ma mi sto rilassando, guardo di più al risultato».

Che rapporto ha con i Social, quante ore ci passa?

«Troppe, mi sono imposto la regola detox niente device dalle venti delle sera alle otto del mattino, ma non sempre la rispetto».

Ha compiuto 60 anni, le pesano?

«Mentalmente sono rimasto un ragazzo, anche se mi rendo conto tanti miei sogni e progetti non si avvereranno mai. Oggi sono meno arrabbiato, non vivo più le emozioni forti come quando avevo 30 o 40 anni. Elimino la rabbia inutile, una notizia cattiva non mi rovina la giornata. Impari a lasciare andare con esercizi di autodistrazione».

Ha fatto analisi?

«Quasi ininterrottamente dal 1999, prima con lo psichiatra Mario degli Esposti a Bologna, poi a Milano con Antonella Remotti. Mi ha aiutato a sopravvivere in un mestiere di squali e iene dove il mio carattere mite non poteva farcela. Adesso ho allentato, sto meglio con me stesso».

Rimpianti?

«Non avere fatto politica nazionale che era la mia vera vocazione».

Non sarà che in fondo è pigro?

«Pigrissimo, ma oppresso da un senso di colpa cattolico che mi costringe a non dormire di notte pur di rispettare gli impegni presi».

Con chi vorrebbe lavorare?

«Con Luca dal Monte per realizzare un film sugli anni della Maserati di Modena, saremmo gli unici in grado di farlo bello. Con l’aiuto di Maurizio Ferrini però».

 

 

 

 

 

 

 

 


Elena De Roma

Elena De Roma